domenica 22 giugno 2014

MUSICA CHE SPACCA

Vista la “figurella” fatta contro il Costa Rica al mondiale 2014, la nazionale italiana sarebbe stata l’ospite d’onore più adatto all’evento del 20 giugno all’Init Club di Roma.
Sì perché in una manifestazione dal nome “Zombies Love Heavy Metal”, gli undici “morti viventi” visti sul campo poche ore prima, avrebbero fatto una grande figura in una serata a tema horror/rock.
L’unico dubbio che mi viene è quello se gli azzurri avrebbero avuto almeno le qualità “tecniche” per suonare glam/metal rock nel modo più giusto. Ma a quello, fortunatamente, ci hanno pensato le cinque band che si sono avvicendate sul palco.
Spider Rock Promotion, Roxx Roma, Advena Ass. Culturale e Onigiri Store hanno organizzato una divertente maratona che ha visto, tra proiezioni di film e anime, esposizioni di fumetti e naturalmente tanta musica, l’incontro del mondo horror con quello dell’ hair metal.
Com’è consuetudine per il pubblico romano l’affluenza purtroppo è scarsa, ma tutti i gruppi hanno comunque cercato di dare il meglio di loro.
Pillow Fight
Ad aprire la lunga cavalcata rock ci hanno pensato i Pillow Fight. A chi ancora non li conosce diciamo che i quattro ragazzi si ispirano con il loro hard/rock’n’roll agli australiani Ac/Dc ed Airbourne.
Come loro solito hanno fornito una buona prova carica di adrenalina, anche se in tono minore rispetto ad altre volte, molto è dovuto allo stato febbrile di Chris Angels (chitarra), ma un vero rocker non molla mai e lui è lì sul palco a dare il suo contributo.
Tra “Raise Your Hands”, “Fireman”, “Sex For Free”, “Scream” i Pillow Fight hanno sparato le loro cartucce colpendo nel segno con il ritmo incalzante dei loro pezzi dettato da Theo Battista (basso) e da Adriano Corda (batteria).
Il baffuto Giulio Bargelli (voce) coinvolge con la sua vivacità i ragazzi sotto il palco ed anche Chris si lancia in una sortita giù in sala per uno dei suoi assoli incisivi.
Con “Shout It Out (And Carry On)” e “Beautiful Mistress” terminano la loro “vitaminica” performance, anche se poi in realtà Chris avrebbe avuto bisogno anche di un po’ di antibiotici (spero mi perdoni la battuta).
Wicked Starrr
Tocca ora ai “giullari” della serata: i Wicked Starrr. Il carrozzone del loro rock’n’roll circus sbarca sul palco e si parte con “Fucker”.
Gag, scherzi, battute, questi sono i Wicked Starrr, ma oltre il trucco e parrucco ci divertono con i loro brani di facile presa e senza funambolismi tecnici, come “Gang Of Wolwes” o “Letters Of Love” durante la quale Dave J. Halson (voce) lancia al pubblico delle lettere d’amore contenenti “buoni sconto” scritti a mano per l’acquisto di prodotti intimi di vario tipo…
Insomma la band fa il verso agli Steel Panther con molta verve (ma non saranno i soli durante la serata) e proseguono con i loro siparietti presentando una “nuova ed inedita” canzone, “I Wanna Rock” (in realtà cover dei Twisted Sister), dedicandola a tutti gli intervenuti, organizzatori, musicisti, giornalisti (con la piccola aggiunta di Brad Gillis), e sulle cui note sale sul palco tra gli altri anche Matt (cantante dei Collateral Damage) per un bel duello a colpi di vocalizzi col collega Dave.
Dopo “Red Light Paradise” è il momento di “Neighborhood Rockstar” il giusto finale della loro pittoresca “situation commedy” che oltre a coinvolgere il pubblico, vede i ragazzi dei Pillow Fight raggiungere sul palco Andrew Panther (chitarra), Luke Rassman (basso), Wild Joey (batteria) e il già citato Dave, per un finale scoppiettante e molto coreografico, con tanto di trenino danzante.
Anche oggi è stata la conferma che ogni loro esibizione ci riserva nuove sorprese ed è sempre piacevole assistervi.
Honeybombs
E’ il turno degli Honeybombs che personalmente non avevo mai avuto modo di ascoltare. Probabilmente è uno di quei gruppi con il quale si innescherà la solita polemica, ma il mio compito è quello di raccontare le mie impressioni, non certo quelle degli altri.
Presentati come paladini del PinkPunkMetal, i quattro ragazzi (in realtà poi cinque perché nel corso della loro esibizione presenteranno il nuovo cantante solista) col sound da loro proposto non mi hanno dato modo di inquadrarli in un genere ben preciso.
A pensarci bene effettivamente questa nuova definizione PinkPunkMetal potrebbe essere quella più adeguata perché la band spazia dal rock duro allo sleaze, misti a forti elementi punk (e io non amo il punk), insomma un pot-pourri di vari filoni del rock condito anche a tratti da sonorità alternative e voci che rasentano il growl. Un po’ difficile da riuscire a collocare.
Il problema è che così danno l’impressione di non sapere ancora quale delle infinite strade del rock intraprendere, cercando di trarre le loro sonorità da troppi elementi così diversi e personalmente ho trovato i loro primi brani, come “We Are Gonna Kick Your Ass” o “‘Till The Night It’s Over”, suonati in modo un po’ caotico.
Sebbene abbiano energia da vendere e, salvo qualche pecca iniziale a livello strumentale, abbiano dimostrato alcune capacità, Alex Sweet Savage (voce e chitarra), Faster Percy (chitarra solista), SteelBlade (basso) e
Fabolous Fab (batteria) non mi hanno colpito, soprattutto a livello compositivo. Ma il mio è un giudizio personale.
Forse qualcosa è sembrato cambiare con l’ingresso del nuovo cantante solista Andrew Skid, ma ho notato una certa discrepanza tra il suo modo di cantare più “classico” ed orientato all’heavy e il suono più modernizzato che invece la band esegue. Il che mi ha un po’ confuso ancor di più.
Ciò non toglie che i margini per migliorare ci sono, di tempo ne hanno tanto, il mio consiglio è quello di scegliere una sola direzione e seguirla bene. Li aspetto per un ulteriore esame.
Bang Out
Ora si comincia a fare sul serio, ci sono i Bang Out. Accendono la miccia ed esplode tutta la loro grinta con “Bathroom Wall” (cover dei Faster Pussycat), street’n’roll senza freni e suonato con tanta passione.
Cino si scatena con la sua Les Paul, dalle cui corde estrae magici riff ed ipnotici assoli, mentre Nash è un gigione che sa come interagire col pubblico (anche mostrando loro le natiche) e con la sua voce dà quel tocco in più che fa della loro musica il vero Rotten Roll! (come dicono loro).
Senza dubbio i loro pezzi sono ben costruiti, con un songwriting ben studiato, basti ascoltare “Go Baby Go”, “Friday’s Baby”, “Comin’ Home”, brani che coinvolgono lo spettatore e che traggono ispirazione dai canoni più puri dello sleaze metal e dell’hard rock, nudo e crudo rock’n’roll elettrizzante e molto d’impatto.
A sostegno del loro potenziale sonoro c’è l’energica sezione ritmica di Goz (basso) e Money (batteria) così irruente da far crollare letteralmente per ben due volte le aste dei suoi piatti.
Non c’è bisogno di tante parole, i Bang Out sono una garanzia di qualità e sanno suonare bene, e lo fanno anche con grande scioltezza e naturalezza, ce l’hanno nel sangue, non è facile trovare nel nostro paese gruppi che suonano con la loro voglia e presenza scenica.
“Rotten Roll” è il loro inno di battaglia finale che conclude uno scoppiettante show.
17 Crash
Ultima band della serata sono i 17 Crash, combo proveniente da Livorno ed autore di quel tipico glam metal molto in voga negli anni ’80/90 sulla scena americana (Cinderella, L.A. Guns, Skid Row).
Un ritorno alle vecchie sonorità particolarmente gradito soprattutto perché come ha accompagnato la mia gioventù, vedo ora con piacere che segue la crescita di queste nuove generazioni che pur non avendo avuto la fortuna di viverlo nel momento di maggior fulgore, continuano a seguire e promuovere i fasti di un illustre passato mai tramontato.
Sotto una pioggia di coriandoli iniziano con “Plastic Rocker”, il gruppo è brioso, frizzante ed anche preparato.
Ros Crash dimostra le sue buone doti vocali in brani come “Let Me Live Your Rock’n’Roll” o “Tattoo Girl”, istrionico e dinamico (nonostante la stazza), il singer toscano ha cominciato poi a distribuire preservativi al pubblico, come ironicamente fanno spesso anche gli Steel Panther.
Propongono tra le altre anche una cover dei L.A. Guns, “One More Reason”, cantata in coro dai presenti in sala.
Decisamente una buona band, che si sa muovere bene in scena ed abbastanza affiatata nonostante i cambi di lineup avuti nei loro tre anni di vita, con la coppia Kiko Zozzo e Steve Poison alle chitarre, sostenuti dalla sezione ritmica di Phoenix (basso) e Phil Hill (batteria).
Unico appunto da fare, se me lo permettono, è che dovrebbero migliorare la chiusura di ogni brano, spesso le canzoni risultano un po’ troncate all’improvviso. Ma diciamo che nel complesso i 17 Crash possono vantare di averci offerto una calorosa performance, come ad esempio con “Take The Number”.
Il finale è tutta una festa tra coriandoli e l’arrivo sul palco di tutti i protagonisti dell’evento, pubblico compreso, invitati da Ros ad unirsi alla sua band per cantare insieme “Rock’n’Roll”, brano ricco di energia e degna conclusione di una serata allegra e spensierata passata tra amici.
A volte l’horror può essere molto spiritoso.

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