domenica 20 maggio 2018

L'EPIDEMIA IN 16 BIT

Ci sono giochi che ti conquistano sin dalla prima partita, a cui bastano un paio di schermate per catturarti ed instradarti verso una maratona notturna imprevista, tutt’altro che pianificata, dalle terribili e devastanti controindicazioni che si riversano, senza pietà né clemenza, lungo un’estenuante e complicatissima giornata di intenso lavoro o studio.
La magia dei videogiochi si palea anche così, un sortilegio destinato a colpire qualsiasi appassionato di zombie e roguelike una volta messe le mani su Death Road to Canada, survival bidimensionale in stile 16-bit sviluppato da Rocketcat Games che, a due anni dalla release originaria su PC e mobile, si affaccia sulle console di punta di Sony, Nintendo e Microsoft.
Il concept del gioco è meravigliosamente sintetizzato ed espresso nel titolo. Un po’ come in World War Z. La guerra mondiale degli zombi, il libro scritto nel 2006 da Max Brooks, l’unico modo per salvarsi dall’apocalisse a base di non-morti è scappare verso nord, attraversando tutti gli Stati Uniti, in macchina o a piedi, stando ben attenti a recuperare le risorse necessarie e, soprattutto, a non morire durante il viaggio.
Ad ogni run si vestono i panni di un personaggio generato casualmente o opportunamente creato tramite il rudimentale editor messo a disposizione dagli sviluppatori. Non si tratta solo di inventarsi un nome e vestirlo con l’outfit più incline al proprio gusto estetico. A fare la differenza, una volta in strada, saranno i perk, le abilità, le statistiche di ciascun eroe. Il margine di libertà offerto al videogiocatore, soprattutto inizialmente, quando non si hanno punti esperienza da elargire, è limitata, ridotta alla fugace ed imprecisa analisi di una parte dei punti di forza e delle carenze del proprio avatar.
L’indeterminatezza, la sostanziale e rilevante incertezza circa le reali capacità del personaggio che si controlla è un fattore tutt’altro che secondario nell’economia di un gameplay bipartito in due distinte sezioniLa prima è prettamente testuale. A fronte di imprevisti ed opportunità inscenate casualmente dal software, il videogiocatore dovrà scegliere l’opzione che ritiene più indicata ed efficace. Tra gruppi di banditi che minacceranno il gruppo di sopravvissuti, visto che alla vostra causa potranno aggiungersi sino a quattro personaggi, opportunamente controllati dalla CPU o da un vostro amico in locale, e stazioni di servizio apparentemente abbandonate, probabilmente ricche di carburante con cui fare il pieno alla vostra auto, non bisogna sottovalutare il fattore fortuna.
Sì, perché se è sempre consigliabile affidare le riparazioni del mezzo in avaria ad un personaggio con le abilità più consone, e in questo senso ci si riallaccia al discorso dell’indeterminatezza sulle capacità degli eroi di cui sopra, in certi casi le conseguenze delle proprie scelte sono assolutamente imprevedibili, spesso influenzate da una sottile vena tragicomica che permea l’intera produzione e si palesa nei modi più disparati, come può esserlo, ad esempio, l’improvvisa apparizione di un certo Lank, equipaggiato di spada e boomerang, desideroso di unirsi alla vostra compagine offrendo in cambio le sue indiscutibili abilità da spadaccino.
Bisogna insomma prepararsi all’idea di vedersi sfumare la possibilità di raggiungere il Canada a causa di una scelta sbagliata che può costare la vita ad un membro del gruppo, che si traduce nella perdita di risorse preziose, che demoralizzi un personaggio al punto da spingerlo a decidere di lasciarsi morire, azzannato a morte da uno zombie. Allo stesso modo, una partita già data per persa può miracolosamente risollevarsi grazie al provvidenziale reperimento di cibo, di un’auto abbandonata, ma ancora funzionate, di un sopravvissuto particolarmente forte, desideroso di unirsi al gruppo.
Non meno importante è la seconda sezione in cui è diviso il gioco, quella in cui si affrontano in prima persona i livelli veri e propri, momenti imprescindibili per fare il pieno di risorse e potenziare il roster eliminando quanti più zombie possibile, senza per questo mettere eccessivamente a repentaglio la vita dei membri del gruppo.
Le variabili da tenere in considerazione, feature che garantisce una grandissima varietà e profondità al gameplay, sono tantissime. Esplorare centri commerciali e fabbriche di notte, ad esempio, aumenta il rischio di incappare in orde di non-morti che si nascondono nell’oscurità. Il combattimento corpo a corpo tende a stancare gli avatar, che smetteranno di attaccare quando a corto di fiato. Ogni arma ha il proprio potere di attacco, generalmente proporzionato alla quantità di stamina richiesta per essere brandita. Pistole e fucili sono fondamentali per sopravvivere nelle situazioni più disperate, ma i proiettili sono più preziosi dell’oro in questo mondo post-apocalittico.
Come se non bastasse, se il più delle volte potrete abbandonare il livello semplicemente raggiungendone i bordi o salendo nuovamente a bordo dell’auto, in certi casi dovrete resistere all’orda sino allo scadere del tempo.
Graficamente delizioso, a patto di amare la pixel art, impreziosito da una colonna sonora spesso antitetica, piena com’è di musichette allegre e spensierate, Death Road to Canada è semplicemente imprescindibile per gli amanti dei roguelike e delle apocalissi a tema zombie. A fronte di meccaniche sulla carta semplicissime, basilari, in linea con il genere di appartenenza, il gameplay palesa una profondità e una varietà di situazioni tale da rendere ogni partita unica, avvincente, emozionante. Come se non bastasse, diversi siparietti comici regalano un saporito retrogusto tragicomico al tutto, che farà la felicità degli amanti dello humor nero.