domenica 12 ottobre 2014

A STRETTO CONTATTO CON GLI ZOMBI

Dal 13 ottobre, ogni lunedì alle 21.00 su FOX, in contemporanea con gli Stati Uniti, i suoi “walkers” – ultracorpi, ultraffamati, ultrarrabbiati – vi terranno incollati ai superstiti di Terminus, nei nuovi episodi di The Walking Dead. Gli zombi-baccelloni di Greg Nicotero, mago del make-up e degli effetti speciali, rappresentano la base militare e il sentimento di punta della serie, che ha appena ufficializzato il rinnovo per una sesta stagione.
Può dirci dove si trova la testa di Hershel Greene?
*la domanda è in riferimento alla decapitazione del personaggio interpretato da Scott Wilson, fattore, padre di Maggie e Beth Greene
La testa di Hershel si trova nel mio ufficio a Los Angeles. Risiede là, “in memoriam”. Veramente esistono due modelli animatronics. Uno l’ho dato a Scott. Sai, gli attori spesso sono affascinati dalle repliche del loro volto o dal calco del corpo, dai dettagli, i capelli, le rughe. E’ una sorta di museo delle cere personale. Io ho un modellino che è poi quello utilizzato per la scena della decapitazione. Conservo qualche “props” e oggetto di scena delle stagioni passate, soprattutto degli episodi diretti da me, dal 2011 al 2014. Della stagione 4 ho una segnaletica di Terminus, per esempio. Mi diverte tenere alcuni cimeli.
Quando AMC le ha proposto di confrontarsi con un nuovo design dei morti viventi, immagino lei si sia chiesto come evitare di somigliare al commilitone di film sui “ritornanti” nella storia del cinema.
Ci sono parecchie differenze con il passato e diversi elementi a favore di un design più fresco e innovativo. Per la maggior parte del tempo, la storia e l’azione di The Walking Dead si svolgono a cielo aperto, alla luce del sole. Tradizionalmente, negli horror, i morti viventi si risvegliano di notte o attaccano nell’ombra, quindi l’effettista deve modellare i propri trucchi a seconda della luce, giocando con l’illuminazione artificiale o naturale. E’ la luce stessa a dettare il make-up. Una delle prime osservazioni tecniche, mentre parlavo con lo showrunner Frank Darabont, era proprio questa: intendo mostrare i morti viventi in tutta la loro essenza, completamente esposti, nudi, anche a livello cromatico. Faccio film sugli zombi da tempo, ho curato anche La terra dei morti viventi di Romero, quindi ero ben conscio della sfida. Ecco perché abbiamo scelto di portare ad un livello successivo il make-up degli zombi. E nella stagione 5 tutto questo sarà amplificato. Più le stagioni avanzano, più lo zombi evolve, progredisce, si deteriora. Amo l’idea di poter giocare con tante idee, con tanti segni cinematografici. Io sono il primo fan del genere “zombi” e non voglio deludere lo spettatore.
Ha un morto vivente preferito nello show?
La ragazza con la bicicletta nella prima stagione rappresenta un momento molto importante per la mia professione. Frank Darabont, dopo aver visto il trucco sul set, si è alzato dalla sedia, è corso da me dicendo: “Questa è la cosa più straordinaria che abbia mai visto in vita mia”. E allora ho capito di aver centrato il bersaglio. Eravamo solo al quarto o quinto giorno dall’inizio delle riprese. Frank è il regista de Il miglio verde e Le ali della libertà, un autore che stimo. Il suo giudizio per me è fondamentale. Ha dato energia creativa a tutta la mia squadra. Sono 5 anni che ho libertà totale in quello che faccio: un privilegio.
Lei ha parlato di sfida. Quale aspetto tecnico le sbriciola la testa, oggi, quando arriva sul set?
Non tanto il lavoro complessivo quanto l’idea di rendere il make-up organico rispetto ad ogni singola scena. Alla fine degli anni Settanta, all’epoca degli slasher e degli splatter films, l’effetto speciale è divenuto un personaggio vero e proprio. Imprescindibile. Per me è necessario creare e mantenere un legame tra le gag, gli oggetti, le atmosfere… Se un personaggio ha un certo tipo di arma, allora devo pensare a tutte le possibili variabili: come utilizzarla, che cosa può accadere se si usa quell’oggetto in un modo o in un altro; l’arma produce una decapitazione o una mattanza completa? E’ quasi una questione “fashion”. Tutto deve essere parte dello show e non fuori posto.
Che cosa si prova ad ammazzare personaggi di continuo?
Anche quando dirigo episodi – ne ho diretti due in cui nessuno muore, comunque – qualcuno cade a terra mutilato. La stagione 5 ha inizio con un episodio diretto da me, il titolo è No Sanctuary. E’ l’episodio più horror che io abbia mai diretto. La première della scorsa stagione era differente, perché dovevamo riprendere il filo del discorso e capire dove i protagonisti dello show erano finiti e da dove ripartivano. Ma quest’anno, siamo meno preoccupati di dirvi a che punto eravamo rimasti. L’ultimo episodio della stagione 4 si chiude in una maniera così incisiva che si ha subito voglia di entrare nel vivo. Infatti non perderemo tempo. Abbiamo girato in 9 giorni ed è stato emozionante. Anche impegnativo, da un punto di vista fisico.
Dirigerà altri episodi in questa nuova stagione?
Ne ho un paio in scaletta, faranno parte della seconda metà della serie.
Qualche attore sul set ci ha detto che vorrebbe proseguire con The Walking Dead fino alla 27esima stagione. Lei ha impegni?
27!? Diamine, fammi ragionare, dove potrei essere, che età dovrei avere… (ride) Guarda, la crew è così fresca e il nostro set così familiare. Sono geloso di Game of Thrones: hanno 24 giorni di riprese concessi e unità in tutte le parti del mondo, e noi abbiamo solo 8-9 giorni. Mi chiedo: se avessi più tempo, che cosa potrei fare? Però credo che lo show si stia evolvendo in maniera radicale, grazie alle preziose risorse che abbiamo, compresi i personaggi. Abraham e Eugene, a mio avviso, sono personalità di grande calibro. Tornando al numero delle stagioni, non saprei: onestamente, non vedo una fine per The Walking Dead. Direi, ad ogni modo, 14 in totale.
Si è mai truccato da zombi?
Due volte nello show. E forse ora: mi trovo davvero uno zombi, oggi.
Come lavora con i suoi collaboratori?
Dico sempre di far uscire ogni comparsa dalla roulotte (del trucco) diversa da tutte le altre. Nessun morto vivente deve somigliarsi. Sono tutti speciali e diversi, come i quadri e le opere d’arte. Non accetto repliche. Persino nei denti e nelle ossa dei morti voglio intravedere una grazia e un’attenzione uniche. Ogni pezzo va interpretato diversamente. Si recicla solo il necessario. Abbiamo 150 differenti pezzi di scena, incompatibili con volti o corpi di altri attori. Sono studiati e costruiti appositamente per uno stunt o un attore soltanto.
Il make-up department è composto da quante persone?
Ci sono 5 membri a tempo pieno.
Solo 5?
Soltanto 5. E se ne aggiungono 4 quando occorre. Quindi lo show, il trucco dello show, lo fanno 9 persone in tutto.
Quanto tempo richiede uno zombi al trucco?
Circa un’ora e mezza, in media. Ecco perché dobbiamo essere molto precisi con la tabella di marcia. Se rallentiamo noi, salta tutto. Abbiamo vari livelli di make-up: Hero, Midground, e Deep Background. Quello medio richiede schizzi di sangue, lenti a contatto e pennellate di colore sul volto, quello intensivo equivale ad una trasformazione integrale.
Nelle scene di massa, con 200 morti viventi in campo, come lavorate?
Indossano al massimo 80 maschere, 80 Midground make-up, poi pensiamo ai primi piani e ai ritocchi.
Diverse serie tv stanno trattando il morto che ritorna. Che opinione si è fatto?
Ho visto Dead Set e non mi è dispiaciuto. Non ho ancora visto The Returned ma muoio dalla voglia di recuperarlo. Amo il genere e guarderei tutto.
Il suo primo incarico è stato con George A. Romero, Day of the Dead, in qualità di assistente di Tom Savini.
Sì, avrò avuto appena 15 anni. Ricordo che per entrare in una sala cinematografica e poter vedere L’alba dei morti viventi dovetti falsificare il mio documento di identità. Non avevo ancora 17 anni. Tutti pensavano a fumare e a bere birre: io, pensavo a L’alba dei morti viventi. Sono cresciuto a Pittsburgh, molto vicino a Romero, e sono diventato amico di Savini. Ero ossessionato dal cinema degli anni Cinquanta, dalla Guerra Fredda… Ricordo di aver visto La notte dei morti viventi alle 4 del mattino, in versione non censurata: a Pittsburgh lo davano “Uncut” per rispetto a Romero. Ero di fronte al televisore con un amico e stringevamo delle armi di plastica in mano, sparando di tanto in tanto agli zombi che apparivano in tv. Eppure, oggi, le paure degli anni Sessanta si rafforzano in me e nel mondo: con l’arrivo dei videogames, il genere zombi si è notevolmente ricreato, imponendo un nuovo stile, nuove riflessioni sociali. Ora nei videogiochi interagisci fisicamente con i morti, penso a Resident Evil e House of the Dead. E quei giochi… c’è voluto del tempo ma si sono trasformati in cinema. Lo spettatore medio ha avuto bisogno di metabolizzare l’approdo a un prototipo diverso di “walker”. Lo spettatore stesso è mutato; è cambiato il suo rapporto con i riflessi, con la lentezza e la velocità, con il concetto stesso di morte, di carne e di fame chimica. Ecco perché The Walking Dead attrae così tanto. Non è uno show sugli zombi. E’ un lungo, potente viaggio emotivo. Io piango spesso quando riguardo gli episodi delle stagioni passate: trovo alcune parti e certe morti davvero commoventi, tanto da non poter parlare con nessuno per almeno 2 ore, perché provato dal dolore.
Ha lavorato con Michael Bay, Quentin Tarantino, Robert Rodriguez, Guillermo del Toro… Le sarebbe piaciuto affiancare Lucio Fulci?
Oh sì. Non a caso nella quarta stagione, episodio 8, abbiamo scelto di omaggiare Fulci con lo zombi che esce dal terreno, nel cimitero. I miei tributi sono molto personali e sentiti. Non tutti se ne accorgono. Nella nuova stagione spero qualcuno noti un omaggio a Mario Bava, già presente nell’episodio 5 della stagione 4.
The Walking Dead rinnovato per la sesta stagione, l'intervista a Greg Nicotero

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