Purtroppo pigiando il pedale dell’acceleratore a fine corsa Starr dà
al lettore una miriade di informazioni che non riescono a trovare una
naturale svolgimento, apparendo nell’economia del volume leggermente
sacrificate. Se resta la possibilità che siano elementi destinati
svilupparsi in future trame; una gestione migliore di alcuni dei
personaggi che nascono e muoiono in questo ciclo narrativo – e delle
relative storie personali – sarebbe stata sicuramente auspicabile.
In una tranquilla cittadina statunitense le persone stanno avendo delle
esperienze post mortem dalle quali tornano in vita cambiate. Nasce in
questi, infatti, la propensione ad uccidere i propri simili e ad avere
comportamenti violenti persino contro i loro simili. Anche Beth, giovane
adolescente del luogo, vive questa esperienza e da quel momento in poi
la sua vita non è più la stessa. La tranquillità del posto è sconvolta
per sempre e la ragazza deve fare i conti con il sospetto perenne che
amici e familiari possano essere dei “ritornati”.Ci troviamo di fronte ad un fumetto sugli zombie?
Sicuramente no. Benché i classici elementi di sopravvivenza ci
siano tutti, si capisce ben presto che l’intento di Jason Starr non è
narrare l’ennesima storia di non-morti.
L’unico elemento importante di contatto opere importanti del genere è la
brutalità della condizione umana quando è posta davanti ad una
possibile minaccia: ciò che aveva narrato Wililam Goldin nel suo “Il
signore delle mosche” e diventata poi cifra distintiva di The walking Dead.
Starr ha una scrittura decisa, sa esattamente dove condurre il lettore e in un momento nel quale la stragrande maggioranza dei comic americani adotta uno stile narrativo piuttosto decompresso The returning è una botta di adrenalina nelle pagine che si susseguono vorticosamente ad accompagnare gli avvenimenti che succedono a Beth.Tuttavia, il vero problema di The returning è la mancanza totale di atmosfera.
Se da un lato i disegni di Mutti sono perfetti nel ricreare un mondo
quasi post apocalittico, sporco, e nel manifestare graficamente la
sofferenza della protagonista e la brutalità di certe scene, i testi e
la sceneggiatura appaiono freddi, distaccati. Quasi da risultare senza
mordente. L’effetto finale è quello di assistere continui ribaltamenti
di fronti, verità celate, storie che si incrociano e rivelazioni
sconcertanti senza provare il minimo sussulto.
Nemmeno sotto il profilo dei personaggi il lavoro può dirsi è perfettamente riuscito.
Difficile infatti sviluppare empatia coi personaggi:
Beth, la protagonista, è caratterizzata abbastanza bene, di lei
riusciamo ad intuire ansie e paure – e anche un certa lucidità malsana
nella sua narrazione fredda e distaccata degli avvenimenti – ma la sua
evoluzione è talmente veloce e repentina che potrebbe addirittura
lasciare indifferenti.
Mentre i comprimari sono abbastanza piatti e i “cattivi” non molto credibili, al limite del macchiettistico.
Tutto ciò non permette di godere appieno di un fumetto che partendo da
delle premesse non del tutto originali, non riesce a conquistare del
tutto il lettore con i suoi misteri.
I disegni di Andrea Mutti riescono meglio in questo compito,
complice anche l’ottima colorazione di Vladimir Popov, e risultano
estremamente chiari nello story telling e nella caratterizzazione
grafica dei personaggi che appaiono sempre riconoscibili all’interno
delle varie scene, pagando però dazio nelle scene più dinamiche, nelle
quali risultano leggermente statici.
The returning, nonostante le mancanze evidenziate, si rivela una lettura discreta, i cui misteri possono interessare il lettore.
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