Ballerina di lap dance cocainomane, Molly alias Brittany Allen è in viaggio in automobile insieme al gangster-fidanzato Nick, ovvero Merwin Mondesir,
sulle strade desertiche di una decadente Las Vegas che è stata
devastata da un’apocalisse zombesca; fino al momento in cui il veicolo
rimane bloccato nella sabbia.Con
la donna destinata a rimanere sola in questa rovente e soffocante
scenografia aperta, potrebbe inizialmente tornare alla memoria la
situazione su cui è stato costruito il dramma thriller d’ambientazione
bellica Mine (2016) di Fabio Resinaro e Fabio Guaglione,
riguardante un soldato bloccato con il piede su una mina pronta ad
esplodere; anche se, in fatto di unica circostanza dilatata ad intero
lungometraggio tirando in ballo aggressivi morti viventi, un esempio che
viene in mente è, di sicuro, Almost dead (2016) di Giorgio Bruno, strutturato per intero su salme a passeggio attorno ad una ragazza rinchiusa in una macchina in panne tra i boschi.
Diretto dal Colin Minihan che, sotto pseudonimo The Vicious Brothers, aveva firmato insieme a Stuart Ortiz – qui co-sceneggiatore accanto a lui – il tutt’altro che disprezzabile found footage ESP – Fenomeni paranormali (2011), It staints the sand red (2016),
però, prende una via maggiormente inaspettata e originale, una volta
entrato in scena un lento e dinoccolato zombi interpretato da Juan Riedinger.
Perché, se inizialmente quest’ultimo rappresenta per la protagonista
il pericolo da cui fuggire al fine di evitare di essere sbranata, nel
vagare sulla sabbia le cose cominciano inspiegabilmente a cambiare,
tanto che sembra assumere quasi il comportamento di un forse docile
animale domestico che le va dietro con intenti non pericolosi nei suoi
confronti.
Uno strambo rapporto che si instaura progressivamente
tra i due e che provvede a rovesciare, quindi, le premesse iniziali, con
il cadavere camminante che si fa compagno e confessore di Molly, della
quale apprendiamo dettagli sulla vita attraverso brevi flashback.
Una
Molly che, senza esitare neppure ad usare il proprio assorbente
imbevuto di sangue come esca per zombi (!!!), incrocia strada facendo
anche altri personaggi, tra cui due pericolosi stupratori che arrivano
perfino ad ignorare il suo ciclo mestruale pur di violentarla; man mano
che, infarcita in parte d’ironia fin dall’inizio, la oltre ora e mezza
di visione si rivela un percorso di consapevolezza e di crescita atto a
fornire un’allegoria in fotogrammi relativa al ritrovato senso della
maternità.
Prima che, tra una tempesta di sabbia e un trapano
conficcato nella fronte di un ritornante come avveniva in una delle
storiche immagini del romeriano Il giorno degli zombi (1985),
simile anche nel fatto che vi era l’addomesticato resuscitato Bub,
l’atipico zombie movie approdi ad un finale apertissimo.
In una limited edition blu-ray racchiusa in custodia amaray inserita in slipcase cartonato, con il titolo Deserto rosso sangue – a metà tra Michelangelo Antonioni e Stephen King,
dunque – Koch Media lo rende disponibile per il mercato dell’home video
italiano all’interno della sua collana Midnight Factory, corredato di
booklet nella confezione e di sezione extra rappresentata da trailer,
dieci minuti di making of e tre di clip Sul set, concepita alla maniera di vecchio cinegiornale.
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