La morte è davvero la fine di tutto?
Suscita molti interrogativi il risultato di uno studio americano che
rimbalza sulla stampa straniera. Il team del microbiologo
dell'University of Washington a Seattle, Peter Noble, ha infatti
scoperto che alcuni geni restano attivi per alcuni giorni dopo
la morte: nei pesci questo accade per almeno quattro giorni, mentre nei
roditori 'solo' per due giorni dopo il decesso.
Il lavoro, condotto grazie a una nuova tecnica di misurazione
dell'attività dei geni, è stato pubblicato sul sito web bioRxiv, ma
l'autore ha spiegato che è stato sottoposto anche a una rivista
scientifica.
"E' un esperimento di curiosità, per vedere che cosa accade quando muori", spiega Noble che firma la ricerca insieme ad Alex Pozhitkov. Precedenti
studi condotti analizzando sangue e tessuti di fegato da cadavere
avevano mostrato un'attività post-mortem di alcuni geni.
Noble e i suoi colleghi ne hanno valutati sistematicamente oltre
1.000, nei tessuti di zebrafish e di topolini morti da poco. Così hanno
tracciato l'attività di centinaia di geni 'zombie', ancora 'accesi' dopo
la morte. Con un record nei pesci: ben quattro giorni.
Molti di questi geni zombie, che restano attivi post
mortem, svolgono attività necessarie nei momenti di emergenza (come
quelli che accendono il sistema immunitario).
Ma altri tasselli del Dna ancora attivi dopo la morte hanno
stupito i ricercatori: si tratta di quelli che normalmente aiutano lo
sviluppo dell'embrione, e che non sono necessari dopo la nascita. Ma anche di alcuni geni che favoriscono lo sviluppo di tumori.
Una scoperta che potrebbe aiutare a capire come mai le
persone che ricevono un trapianto da un donatore morto di recente hanno
un più elevato rischio di cancro, dice Noble. Secondo il
farmacologo Ashim Malhotra della Pacific University, in Oregon, che non è
stato coinvolto nella ricerca, "si tratta di uno studio interessante,
che potrebbe" essere usato in futuro per "un dispositivo diagnostico in
grado di predire la qualità di un trapianto".
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