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lunedì 31 dicembre 2018
LA STORIA DELLA ZOMBI WALK
Quello degli zombie è un fenomeno vastissimo che, soprattutto negli
ultimi anni, grazie alla letteratura e al cinema – ma non solo, è
entrato a far parte dell’immaginario collettivo. Tant’è che, ad esempio,
circolano pseudo-notizie che riguardano una dozzina di casi un cui ci
sarebbero stati degli attacchi che ricordano molto quelli che siamo
abituati a vedere nei film horror. Dunque, allo stato attuale, “gli
unici a godere di buona salute sono i morti e […] noi nevrotici
frequentatori di queste sovraffollate lande abbiamo le ore contate. Gli
Stecchiti, i Macellati, i Purulenti e i Frollati abitatori delle terre
cimiteriali […] si stanno muovendo in comitiva per prendere il nostro
posto. Premono, bussano e latrano con le loro gengive sdentate per
afferrare al volo un tiepido boccone di carne respirante”. Insomma, gli
zombie sono già tra noi, perché in fondo, soprattutto negli ultimi
periodi, che ci hanno abituato alla morte in diretta e all’esposizione
di cadaveri, come dimostrano le foto (ritoccate ad hoc?) post mortem
di Gheddafi e Saddam Hussein, giusto per citarne qualcuno, siamo
abituati a convivere con la morte. Con i morti. E con gli zombie…L’irresistibile ascesa di un mostro senza qualità: è il sottotitolo che campeggia sulla copertina di Zombie Walk,
vero e proprio saggio antropologico, sociologico, letterario,
cinematografico e di costume scritto da Gianmaria Contro, uno che di
horror e affini se ne intende, eccome. Membro permanente di
“HorrorMania” e autore di “ThrillerMania”, Contro lavora, tra gli altri,
per Sergio Bonelli, di cui è curatore di diverse collane. Il saggio di
Contro è un vero e proprio universo su una delle figure che ultimamente
infesta il cinema, la letteratura e l’intero immaginario collettivo del
nuovo millennio: quella dello zombie, appunto. Ma Zombie Walk,
come avverte la quarta di copertina, non è “l’ennesimo repertorio per
cinefili horror-maniaci, né uno dei tanti tentativi di trasformare il Living Dead
in una più o meno astrusa metafora sociopolitica”; è piuttosto un
saggio che affronta il fenomeno da diverse angolazioni, in una
prospettiva diacronica e diatopica, andando a pescare le diverse forme
che la figura del morto vivente ha assunto nelle varie culture. Un
saggio che, dando molte (personali) risposte, dà vita ad altrettante
domande con coraggio e originalità.
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