Come ormai noto da tempo, il prossimo 11 marzo, sul n. 3094 di
Topolino, ospiterà una parodia di Dylan Dog intitolata
Dylan Top. Lo stesso albo sarà poi presenta in vendita allo stand Panini Comics a Cartoomics
il fine settimana successivo anche in edizione variant, con una
copertina semi-rigida in stile bonelliano e un’illustrazione inedita che
richiama quella di Claudio Villa per lo storico primo albo
dell’Indagatore dell’Incubo,
La notte dei morti viventi. La storia, nata da un’idea di Roberto Recchioni – attuale curatore del personaggio Bonelli – è stata sceneggiata da Tito Faraci,
già autore di numerose storie sia di Dylan Dog che di Topolino, e
disegnata da Paolo Mottura, anche lui con la matita divisa tra Bonelli e
Disney.
Un progetto che dalle prime anteprime
sembra insolito e interessante, e che dunque abbiamo voluto
approfondire, facendocelo raccontare proprio da uno degli autori
coinvolti, ovvero FaraciPer iniziare, una domanda forse banale ma necessaria: come e da chi è nata l’idea di questa parodia?
Questa storia ha due genesi. La prima è un po’ lontana. Quando
iniziai a scrivere Dylan Dog ˗ che scrissi dal 1999 per qualche anno ˗
venivo dall’esperienza in Disney che era stata molto importante. Anche
se avevo fatto Lupo Alberto e altre cose, però la più grossa esperienza
fatta prima di Bonelli era quella disneyana, e quando mi chiedevano se
era stato uno shock passare a Dylan Dog facevo notare come ci fossero ˗
un po’ ironicamente all’inizio, ma poi rendendomi conto che era vero ˗
delle somiglianze fra il mio personaggio disneyano preferito, Topolino, e
Dylan Dog. Al di là del fatto che entrambi hanno un amico bislacco, un
altro amico che è un poliziotto importante, e che questo poliziotto
importante ˗ Basettoni per Topolino e Bloch per Dylan ˗ ha vicino un
altro poliziotto che è un po’ un babbeo ˗ Manetta e Jenkins ˗ mi
sembrava che ci fossero anche delle caratteristiche nella costruzione
dei personaggi, delle contaminazioni e dell’ironia che secondo me
rendevano i personaggi meno distanti di quanto sembrasse.
Ma questa cosa poi nel tempo l’ho un po’ dimenticata. Poi si è
arrivati a circa un anno fa, quando Roberto Recchioni stava per
diventare il nuovo curatore di Dylan. Ne abbiamo chiacchierato tra di
noi e poi ne abbiamo parlato anche con Valentina De Poli e Davide
Catenacci di
Topolino. Adesso non ricordo chi è stato il primo di
noi due a dire «dai, facciamola», però è stata una di quelle cose che
viene fuori automaticamente.
C’era poi un problema, perché i temi di Dylan Dog sembravano poco
adatti all’universo disneyano. In particolare, siccome sarebbe stato
bello rifare il primo numero di Dylan Dog ˗ come effettivamente avviene
ne
L’alba dei topi invadenti ˗ che però è una storia di zombi,
pensavo che fosse molto complesso mettere gli zombi, che sono dei morti,
in una storia disneyana, per quanto sia possibile osare. È stato poi
Roberto Recchioni a tirare fuori un soggetto partendo dallo spunto di
Sclavi per la storia del primo numero di Dylan, in cui invece degli
zombi ci sono questi topi invadenti.
A quel punto era tutto pronto, ho solo dovuto trovare io il tempo per
scriverla. Ci ho messo un po’, non perché non avessi voglia di farlo,
ma perché dovevo trovare il momento giusto per potermici dedicare come
volevo io.
Al di là della questione degli zombi, è stato difficile far
accettare in Disney una storia simile, visto che richiama un personaggio
dalle tematiche horror e forse invita i lettori più giovani di Topolino
a conoscere meglio Dylan Dog?
Ho curato io gran parte dei redazionali del numero, parlando tranquillamente ai lettori di
Topolino
di Dylan Dog e del suo mondo e consigliando anche di leggerlo.
Ricordiamoci che poi è un giornale letto soprattutto da adulti, ha un
pubblico vasto. Inoltre, non ho mai pensato che l’horror sia un genere
lontano dalle storie disneyane. C’è una lunghissima tradizione, nel
mondo della Disney, sia nei fumetti che nei cartoni animati, di elementi
horror che si inseriscono in maniera potentissima. La comicità e la
paura toccano corde nel profondo dell’anima che forse sono molto vicine.
Quindi no, in questo senso non c’è stato nessun problema a farci accettare l’idea dalla redazione di
Topolino,
che ai tempi in cui è partito questo progetto era già sotto Panini.
Anzi, è stato proprio un progetto condiviso fin dall’inizio. Dire che
l’hanno accettato è riduttivo: questo progetto è nato parlandone tutti
assieme. E io non mi sono fatto particolari problemi a metterci
atmosfere e tematiche horror.
E che tipo di horror è, quello di questa storia?
In realtà, come avviene anche in Dylan Dog ˗ ed è una cosa che ci
tengo molto a sottolineare ˗ l’horror è solo uno degli elementi. In
qualunque buona storia di Dylan Dog c’è horror, c’è ironia, c’è noir,
c’è avventura, c’è commedia… è solo questione di prendere gli stessi
elementi e miscelarli in maniera diversa. In questa storia c’è una
mutazione epidemica di topi e tornano molte cose che ci sono nel primo
numero di Dylan Dog, in particolare il piccolo villaggio infestato e il
“mad doctor” ˗ che non vi dico chi è. Insomma, ci sono molti elementi
classici dell’horror. C’è moltissima commedia, che c’era già nel primo e
in tutti i numeri di Dylan Dog. C’è persino una sottotraccia romantica,
che mi è venuta fuori un po’ a sorpresa mentre scrivevo. Tutti questi
ingredienti erano già presenti in quella storia e in tante altre di
Dylan Dog. Ho cambiato soltanto i quantitativi.
Avete chiesto la benedizione di Sclavi, per questa storia?
Lui è contentissimo. Sullo stesso numero leggerete un’intervista che
gli ho fatto io con grande piacere e a cui ha risposto molto volentieri.
È stato davvero contento: questa storia ha la totale benedizione di
Tiziano Sclavi.
Avrei voluto chiederti se fosse venuto naturale scegliere i topi anziché i paperi, ma in parte mi hai già risposto all’inizio.
Devo dire che addirittura sarebbe stato un gigantesco errore, farla
con Paperino. Avrebbe voluto dire fare una cosa tanto per farla.
Topolino è perfetto per questa operazione, altrimenti non l’avrei mai
fatta, perché non avrebbe avuto senso.
Parlando di personaggi, quanto sarà “grouchiano” Pippo?
Fra Pippo e Groucho non ci passa un oceano. Diciamo che, mentre
Groucho ha la consapevolezza ˗ a volte… altre si direbbe di no ˗ di
stare facendo una battuta, di stare facendo dell’umorismo, Pippo è un
umorista inconsapevole, a cui viene totalmente naturale dire cose
strampalate. Però entrambi hanno una visione del mondo tutta loro: sono
un po’ come i poeti, che danno una lettura del mondo che gli altri non
capiscono, diversa ma anche più profonda. Pippo, quasi ancor più di
Topolino, è stato il personaggio che meglio si è adattato a questa
operazione. Fare Groucho con Pippo è stato davvero semplice, naturale.
Parlando di parodie, quelle disneyane sono quasi un canone con
delle regole precise. Questa rientra nella tradizione o ha qualcosa di
diverso, rispetto ad altre?
Posso dire ˗ pur provando grande amore per il fumetto disneyano ˗ che
la parodia non è il mio genere preferito. Eppure ho fatto questa e
almeno un’altra parodia importante,
La vera storia di Novecento.
La cosa più importante della parodia secondo me è non snaturare i
personaggi: Topolino deve fare quello che farebbe Topolino, Pippo deve
fare quello che farebbe Pippo, Basettoni deve fare quello che farebbe
Basettoni. Questo è complicato, però bisogna riuscire a fare una storia
che riprenda quella originale, senza che nessuno dei personaggi cambi
psicologia o comportamento.
Molte parodie fatte con questa logica sono davvero delle grandi
parodie. Quando invece viene snaturata la psicologia dei personaggi, il
risultato secondo me è meno convincente. Io ho cercato di fare questa
parodia seguendo questa regola: che ogni personaggio disneyano ˗ e in
questa storia ce ne sono tanti, anche più di quelli che si pensa,
persino Topesio ˗ faccia esattamente quel personaggio disneyano. Non ho
snaturato nessun personaggio.
A proposito del disegnatore, Paolo Mottura, direi che forse solo
lui e Fabio Celoni sarebbero stati adatti a una storia con un’atmosfera
simile.
Se la sono giocata, infatti. Alla fine Paolo Mottura è stato senza dubbio l’uomo giusto, ma anche al momento giusto.
E qual è stato questo momento, quindi?
Appena ho finito la sceneggiatura ˗ che in realtà ho finito come
sempre un pochino a pelo ˗ è stato valutato quando fosse il momento
giusto per far uscire questa storia, in corrispondenza di un evento
fumettistico. Dopo aver scelto Cartoomics, come sempre capita in questi
casi, si è guardato ai disegnatori disponibili. La rosa era molto
ristretta, perché ci voleva proprio un disegnatore di quel tipo lì. E
fortunatamente Mottura ha potuto interrompere una cosa che stava facendo
e dedicarsi a questa.
Pensi che possa esserci un seguito per questa storia o ritieni che abbia valore più che altro come unicum?
Devo dire che funziona così bene che un po’ mi è venuta voglia di
continuare, anche se non era previsto minimamente. Ma non perché mi sono
divertito a scriverla ˗ che comunque è vero ˗ e neanche per ambizione.
Mi sono proprio reso conto che funziona tutto molto bene e che si è
creato immediatamente un microuniverso funzionante. Ovviamente dipende
molto dalla redazione, ma anche un po’ da me. Se dipendesse soltanto da
me, lo farei volentieri.