Ci sono giochi che ti conquistano sin dalla prima partita, a cui bastano
un paio di schermate per catturarti ed instradarti verso una maratona
notturna imprevista, tutt’altro che pianificata, dalle terribili e
devastanti controindicazioni che si riversano, senza pietà né clemenza,
lungo un’estenuante e complicatissima giornata di intenso lavoro o
studio.
La magia dei videogiochi si palea anche così, un
sortilegio destinato a colpire qualsiasi appassionato di zombie e
roguelike una volta messe le mani su Death Road to Canada, survival bidimensionale in stile 16-bit sviluppato da Rocketcat Games che, a due anni dalla release originaria su PC e mobile, si affaccia sulle console di punta di Sony, Nintendo e Microsoft.
Il concept del gioco è meravigliosamente sintetizzato ed espresso nel titolo. Un po’ come in World War Z. La guerra mondiale degli zombi, il libro scritto nel 2006 da Max Brooks, l’unico modo per salvarsi dall’apocalisse a base di non-morti è scappare verso nord, attraversando tutti gli Stati Uniti, in macchina o a piedi, stando ben attenti a recuperare le risorse necessarie e, soprattutto, a non morire durante il viaggio.
Ad ogni run si vestono i panni di un personaggio generato casualmente
o opportunamente creato tramite il rudimentale editor messo a
disposizione dagli sviluppatori. Non si tratta solo di inventarsi un
nome e vestirlo con l’outfit più incline al proprio gusto estetico. A
fare la differenza, una volta in strada, saranno i perk, le abilità, le
statistiche di ciascun eroe. Il margine di libertà offerto al
videogiocatore, soprattutto inizialmente, quando non si hanno punti
esperienza da elargire, è limitata, ridotta alla fugace ed imprecisa
analisi di una parte dei punti di forza e delle carenze del proprio
avatar.
L’indeterminatezza, la sostanziale e rilevante incertezza
circa le reali capacità del personaggio che si controlla è un fattore
tutt’altro che secondario nell’economia di un gameplay bipartito in due
distinte sezioniLa prima è prettamente testuale. A fronte di imprevisti ed
opportunità inscenate casualmente dal software, il videogiocatore dovrà
scegliere l’opzione che ritiene più indicata ed efficace. Tra gruppi di
banditi che minacceranno il gruppo di sopravvissuti, visto che alla
vostra causa potranno aggiungersi sino a quattro personaggi,
opportunamente controllati dalla CPU o da un vostro amico in locale, e
stazioni di servizio apparentemente abbandonate, probabilmente ricche di
carburante con cui fare il pieno alla vostra auto, non bisogna
sottovalutare il fattore fortuna.
Sì, perché se è sempre
consigliabile affidare le riparazioni del mezzo in avaria ad un
personaggio con le abilità più consone, e in questo senso ci si
riallaccia al discorso dell’indeterminatezza sulle capacità degli eroi
di cui sopra, in certi casi le conseguenze delle proprie scelte sono
assolutamente imprevedibili, spesso influenzate da una sottile vena
tragicomica che permea l’intera produzione e si palesa nei modi più
disparati, come può esserlo, ad esempio, l’improvvisa apparizione di un
certo Lank, equipaggiato di spada e boomerang,
desideroso di unirsi alla vostra compagine offrendo in cambio le sue
indiscutibili abilità da spadaccino.
Bisogna insomma prepararsi all’idea di vedersi sfumare la possibilità di raggiungere il Canada
a causa di una scelta sbagliata che può costare la vita ad un membro
del gruppo, che si traduce nella perdita di risorse preziose, che
demoralizzi un personaggio al punto da spingerlo a decidere di lasciarsi
morire, azzannato a morte da uno zombie. Allo stesso modo, una partita
già data per persa può miracolosamente risollevarsi grazie al
provvidenziale reperimento di cibo, di un’auto abbandonata, ma ancora
funzionate, di un sopravvissuto particolarmente forte, desideroso di
unirsi al gruppo.
Non meno importante è la seconda sezione in cui è
diviso il gioco, quella in cui si affrontano in prima persona i livelli
veri e propri, momenti imprescindibili per fare il pieno di risorse e
potenziare il roster eliminando quanti più zombie possibile, senza per
questo mettere eccessivamente a repentaglio la vita dei membri del
gruppo.
Le variabili da tenere in considerazione, feature che
garantisce una grandissima varietà e profondità al gameplay, sono
tantissime. Esplorare centri commerciali e fabbriche di notte, ad
esempio, aumenta il rischio di incappare in orde di non-morti che si
nascondono nell’oscurità. Il combattimento corpo a corpo tende a
stancare gli avatar, che smetteranno di attaccare quando a corto di
fiato. Ogni arma ha il proprio potere di attacco, generalmente
proporzionato alla quantità di stamina richiesta per essere brandita.
Pistole e fucili sono fondamentali per sopravvivere nelle situazioni più
disperate, ma i proiettili sono più preziosi dell’oro in questo mondo
post-apocalittico.
Come se non bastasse, se il più delle volte potrete abbandonare il
livello semplicemente raggiungendone i bordi o salendo nuovamente a
bordo dell’auto, in certi casi dovrete resistere all’orda sino allo
scadere del tempo.
Graficamente delizioso, a patto di amare la
pixel art, impreziosito da una colonna sonora spesso antitetica, piena
com’è di musichette allegre e spensierate, Death Road to Canada
è semplicemente imprescindibile per gli amanti dei roguelike e delle
apocalissi a tema zombie. A fronte di meccaniche sulla carta
semplicissime, basilari, in linea con il genere di appartenenza, il
gameplay palesa una profondità e una varietà di situazioni tale da
rendere ogni partita unica, avvincente, emozionante. Come se non
bastasse, diversi siparietti comici regalano un saporito retrogusto
tragicomico al tutto, che farà la felicità degli amanti dello humor
nero.